Aveva solo 13 anni. È morto in ospedale dopo essere stato colpito al petto da un pusher in pieno giorno, in una delle zone centrali più frequentate della città. Milano si sveglia con l’incubo di un nuovo abisso urbano.
La notizia ha il sapore amaro dell’ingiustizia e il peso insostenibile di una domanda: come è possibile morire a 13 anni, colpiti a morte da un pusher in pieno centro? Hazem Ahmed non ce l’ha fatta. Il suo cuore ha smesso di battere dopo due settimane di lotta in ospedale. Il suo corpo, colpito da una lama al torace, non ha retto.
Era il 16 maggio quando tutto è cominciato. Viale Vittorio Veneto, Porta Venezia, una zona viva, centrale, frequentata da studenti, famiglie, giovani. E proprio lì, sotto gli occhi di una città distratta, un bambino è stato accoltellato da un uomo di 27 anni, un pusher. Una lite scoppiata all’improvviso, forse per una dose, forse per una parola di troppo. Hazem era lì con un amico più grande, e con il suo cane. È stato colpito con un fendente al torace. Il suo rottweiler, che ha tentato di difenderlo, è stato ucciso sul posto.
Un amico di 19 anni lo ha caricato in auto e portato al pronto soccorso. Ai medici ha detto di non conoscerlo. Poi, di fronte ai carabinieri, ha raccontato tutto: l’incontro con il pusher, l’aggressione, il sangue, la fuga disperata verso l’ospedale. Hazem lottava per la vita, ma le sue condizioni erano gravi fin da subito. La lama aveva perforato il polmone. Non ha mai ripreso conoscenza.
Il pusher, un cittadino cubano di 27 anni, è stato arrestato. Prima l’accusa era di tentato omicidio. Ora è omicidio volontario. La giustizia farà il suo corso, ma intanto una famiglia piange un figlio, e una città intera deve fare i conti con se stessa.
Il ragazzo avrebbe compiuto 14 anni a fine giugno, ma non ci sarà nessuna festa. Solo silenzio, rabbia, e un vuoto.
E mentre si accendono i riflettori sulle responsabilità, sulle falle nella sicurezza, sulla facilità con cui la droga scorre tra le mani di minori, rimane una verità spietata: un ragazzino di 13 anni è morto in mezzo alla strada, e non è un incidente, è un fallimento collettivo.