L’8 e il 9 giugno 2025 gli italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi su cinque quesiti referendari abrogativi. Insieme ai ballottaggi delle elezioni amministrative, il referendum propone modifiche rilevanti in materia di lavoro e cittadinanza. Si tratta di una consultazione molto attesa, promossa da sindacati e movimenti civili, che punta a rimettere al centro del dibattito pubblico temi come la tutela del lavoro stabile, la sicurezza nei luoghi di lavoro e l’accesso alla cittadinanza per gli stranieri residenti in Italia.
Il primo quesito riguarda i licenziamenti illegittimi e vuole abrogare la parte del Jobs Act che ha eliminato la possibilità di reintegro sul posto di lavoro per i dipendenti licenziati senza giusta causa nelle aziende con più di 15 dipendenti. Oggi, in questi casi, il lavoratore ha diritto solo a un indennizzo economico. Se il referendum passerà, verrebbe ripristinata la possibilità di tornare al proprio posto in caso di licenziamento ingiustificato, rafforzando le tutele previste dallo Statuto dei Lavoratori.
Il secondo quesito interviene sui contratti a termine. Mira a eliminare le modifiche introdotte negli ultimi anni che hanno facilitato il ricorso a questo tipo di contratti da parte delle aziende, con il risultato di aumentare la precarietà. L’obiettivo del referendum è rendere più difficile l’abuso dei contratti temporanei, incentivando forme di lavoro più stabili e durature.
Un terzo quesito si concentra sulla responsabilità solidale negli appalti, un ambito particolarmente sensibile nel sistema produttivo italiano. Attualmente, se un lavoratore subisce un infortunio o non riceve gli stipendi previsti, il committente può essere escluso da ogni responsabilità. I promotori del referendum chiedono di abrogare queste norme, così da garantire che anche chi affida lavori in appalto possa essere chiamato a rispondere in caso di violazioni gravi. È una proposta pensata per rafforzare le tutele di chi lavora nei cantieri o per imprese appaltatrici, ambiti spesso segnati da condizioni difficili e sicurezza insufficiente.
Sempre sulla sicurezza nei luoghi di lavoro si concentra il quarto quesito. Oggi il committente è esonerato da responsabilità se l’infortunio deriva da rischi propri dell’impresa appaltatrice. Il referendum vuole eliminare questa esclusione, introducendo una responsabilità più estesa in capo a chi appalta i lavori, con l’obiettivo di favorire maggiore prevenzione e attenzione alla sicurezza anche da parte di chi non esegue direttamente le attività ma le commissiona.
Infine, il quinto quesito riguarda un tema molto dibattuto negli ultimi anni: la cittadinanza. La legge attuale prevede che uno straniero residente legalmente in Italia possa richiedere la cittadinanza solo dopo 10 anni di permanenza. I promotori del referendum propongono di ridurre questo periodo a 5 anni. La modifica permetterebbe a decine di migliaia di persone – che vivono, lavorano, studiano e pagano le tasse in Italia – di ottenere prima il pieno riconoscimento dei diritti civili e politici. Secondo chi sostiene il quesito, si tratta di un passo necessario per favorire l’integrazione e dare concretezza a un principio di uguaglianza.
A promuovere i quattro quesiti sul lavoro è stata la CGIL, il principale sindacato italiano, con il supporto di realtà come Libera, Federconsumatori e ARCI. Sono state raccolte oltre quattro milioni di firme in pochi mesi. Il quesito sulla cittadinanza è stato invece promosso da +Europa insieme ad altre organizzazioni, tra cui Radicali Italiani, Possibile, Oxfam e ActionAid. In questo caso le firme depositate sono state più di 637.000.
Sul piano politico, i partiti si sono mossi con approcci diversi. Il Partito Democratico ha appoggiato il referendum sulla cittadinanza e ha lasciato libertà di iniziativa ai suoi dirigenti per i quesiti sul lavoro. Il Movimento 5 Stelle non ha preso una posizione ufficiale, ma ha lasciato libertà di voto agli elettori. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia si sono espressi contro i referendum, e valutano se invitare i propri elettori ad astenersi per far mancare il quorum. Anche Italia Viva e Azione sono contrari, pur non facendo una campagna esplicita.
Il referendum, come previsto dalla Costituzione italiana, è abrogativo: significa che gli elettori devono rispondere sì o no alla richiesta di cancellare (in tutto o in parte) una norma esistente. Perché il risultato sia valido, è necessario che vada a votare almeno il 50% più uno degli aventi diritto. Questo aspetto rende decisivo non solo come si vota, ma anche se si va a votare.
Per la prima volta, il referendum prevede il voto fuori sede. Studenti, lavoratori e pazienti temporaneamente domiciliati in un comune diverso da quello di residenza hanno potuto fare domanda per votare nel luogo in cui si trovano, purché disti almeno 100 km dal proprio comune e che vi siano domiciliati da almeno tre mesi. Anche i cittadini italiani residenti all’estero possono votare per corrispondenza, tramite una richiesta da presentare entro i termini stabiliti.
I seggi saranno aperti domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15. Nei giorni successivi allo scrutinio sarà chiaro se il quorum sarà stato raggiunto e, in caso affermativo, quale direzione avranno scelto gli italiani su questi temi centrali. La consultazione avrà un impatto significativo sul mondo del lavoro, sui diritti dei lavoratori e su chi oggi è ancora escluso dalla piena cittadinanza. Ma prima di tutto, sarà un banco di prova per la partecipazione democratica.