Livorno – Incredibile ma vero. In un assolato pomeriggio di fine maggio, una tranquilla cittadina livornese si è ritrovata protagonista di un episodio un po’ surreale all’interno di un punto vendita di una nota catena di supermercati.
La signora, che preferiamo tutelare lasciandole l’anonimato, si era recata al negozio con la massima tranquillità per cambiare un paio di pantaloni acquistati da poco. In mano, oltre al capo d’abbigliamento, lo scontrino fiscale – l’unico documento richiesto, pensava, per avviare una semplice procedura di cambio. E invece… l’amara sorpresa.
La richiesta assurda: “Serve la tessera sanitaria”
Al momento del cambio, la donna si è sentita chiedere non uno, ma ben due documenti: lo scontrino, che già aveva, e – udite udite – la tessera sanitaria. Alla richiesta di spiegazioni, i dipendenti hanno risposto che “è necessario per avviare la procedura”.
La cliente, sbalordita, ha rifiutato di esibire un documento così sensibile per un’operazione che, almeno fino a ieri, sembrava una formalità di routine. E il risultato? Cambio rifiutato. “Pensavo di essere finita in una candid camera – racconta – invece era tutto drammaticamente reale. Ho chiesto se bastasse comunicare verbalmente il codice fiscale, ma mi hanno risposto che senza la tessera non potevano fare nulla.”
Il reclamo, la risposta ufficiale e lo sgomento
Tornata a casa, ancora incredula, la signora ha scritto una mail di reclamo al servizio clienti della catena. La risposta è arrivata puntuale, ma ha solo alimentato il senso di confusione:“Per formalizzare l’avvenuto rimborso – si legge – viene richiesto di indicare i propri dati personali, ovvero il tesserino codice fiscale per identificare in modo univoco la Sua persona…”.
Si fa riferimento al Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (RGPD), e si afferma che la procedura è volta a rispettare la normativa europea. Ma un dettaglio solleva non pochi interrogativi: sul sito ufficiale dell’azienda è indicato che servono il documento commerciale e il codice fiscale, senza menzione obbligatoria della tessera sanitaria. Dunque, basterebbe fornire il codice anche a voce? In teoria sì. Ma nella pratica no.
Cittadini ignari e norme confuse: chi tutela il consumatore?
La protagonista della vicenda non è sola. Tanti altri consumatori non sanno che, per un semplice reso, potrebbero dover esibire un documento personale destinato – almeno apparentemente – ad altri usi. La richiesta della tessera sanitaria, pur motivata da esigenze burocratiche e contabili, solleva interrogativi sulla proporzionalità della misura e sulla reale informazione fornita ai clienti.
“Non c’è un cartello, non c’è un avviso chiaro – spiega la donna – mi sono sentita presa in giro. È un supermercato, non uno sportello dell’Agenzia delle Entrate.”
Unanews ha raccolto direttamente la testimonianza della signora coinvolta, la quale ha espressamente autorizzato la pubblicazione dell’accaduto, affinché altri cittadini siano informati e, magari, meno impreparati di lei davanti a una richiesta tanto inaspettata quanto controversa.